La penna e il pass

Il colloquio di lavoro è fissato a mercoledì. Lo vengo a sapere mentre sono nell’ufficio dei rappresentanti. Faccio appena in tempo a dirlo ad alta voce che il telefono squilla ancora. Per rispondere a questa chiamata, assai privata, però, devo uscire. Il casino è nato proprio qui.

La telefonata è stata lunghissima e delicata. Per tutto il tempo, sono stato a camminare fuori, per chiostri, corridoi e prati dentro e fuori dall’edificio, nel tentativo di preservare un minimo di riservatezza. Si stava meglio quando si stava nelle cabine telefoniche.

Chiusa la comunicazione, sono tornato all’ufficio, dove avevo lasciato la giacca, la penna e il mio taccuino. Era chiuso, senza nessuno all’interno. Le chiavi di casa e automobile erano dentro.

Chiedo in portineria. Ma il tizio che ci ho trovato era uno nuovo, assunto da pochi mesi. Non c’era nessuno di quelli che mi conoscono da anni. Questo qui non può sapere che sono stato io stesso custode di quella chiave, quando ero rappresentante.

Gli spiego la situazione, chiarendo che non sono più rappresentante. Lui mi si avvicina con un elenco di nomi e chiede il mio. Glielo dico, ma aggiungo che non posso essere su quella lista e gli spiego di nuovo la situazione. Lui non ascolta o non capisce: dice solo che io non sono sulla lista.

Gli ripeto che sapevo già di non essere sulla lista. Mi serve sapere come devo fare per recuperare le mie chiavi e tornare a casa. Quale procedura avrei dovuto seguire per risolvere il problema.

L’enorme tizio non lo sa. Sa solo che non avrebbe aperto quella porta senza l’autorizzazione di una delle persone sulla lista. Gli chiedo di farmi vedere i nomi. Chiamo una ragazza di cui ho il numero, le spiego la situazione e passo il telefono al babbeo che ho di fronte. Lui ascolta, si convince e finalmente mi passa il mazzo di chiavi.

Sospirando, sono entrato, ho recuperato giacca e taccuino, ho richiuso la porta e infine ho restituito a Cerbero le sue chiavi. Appena fuori dall’Università mi accorgo che non ho la mia penna nel taschino interno. Faccio per tornare indietro, ma mi fermo. Richiamo la stessa ragazza di prima e le dico che passo domani per la penna, perché oggi no: basta così.

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