“Senti, volevo chiederti…”, mi dice Virginia. Dal tono capisco immediatamente che vuole parlare di Laura e della sua fottuta lista. Io ho un’idea molto chiara della situazione:
“Non c’è molto da dire, aspetto che mi chiami lei, se ha qualcosa da dire. Punto.”
“Ma non ti chiama, non ti chiama, è inutile, quando si mette in testa una cosa…”
“Se non chiama, non ha nulla di importante da dire. Quindi è inutile parlarne.”
La sua risposta era già prevista. Del resto, se Laura avesse voluto, mi avrebbe chiamato, è logico. Però sono io ad avere la situazione in pugno: non ho nulla da perdere, né da guadagnare. Per me possiamo anche chiudere qui.
“Lo so, però è un problema solo suo, non mio. Per quel che mi riguarda, l’ultimo contatto tra noi è avvenuto quattro mesi fa, quando ha rifiutato di rispondere al telefono. Gli altri giochini non esistono. Se vuole, può chiamarmi. Io non ho mai rifiutato di rispondere, e lo sa. Tentare di mandare qualcun altro per aggirare il problema è offensivo. E non è giusto. Abbiamo chiuso definitivamente. Se ha bisogno di qualcosa, mi chiama. Stabilisco io le condizioni.”
A questo punto Virginia prova a portare a termine la missione di cui è stata evidentemente investita:
“Ma nel frattempo non potresti portarmi… sai, i vestiti e quelle altre cose; aveva anche fatto una lista…”
“L’ho avuta l’altro ieri.”
“Ah, l’hai vista. E non potresti…”
“No. Non se la cava con questi trucchi. Siamo adulti e c’è un problema. Ed è un problema suo. Se non vuole affrontarlo, non si risolve. È semplice. Io non ho alcuna necessità di fare nulla e non ho fretta. Posso aspettare.”
“Lei ora pensa che lo fai per dispetto…”
“Quello che pensa non è un problema mio. Laura sa che non mi sono mai comportato in modo ipocrita o maleducato. Io non ho mai agito in modo offensivo. Non lo faccio nemmeno adesso. E lei, invece di dare spiegazioni per le sue azioni, si nasconde e scappa… Tra l’altro, non so se hai saputo di un altro episodio, qualche settimana fa, assai poco simpatico…”
“Di sua mamma?”
Non mi aspettavo che lo sapesse. Chissà cosa le ha detto Laura, per raccontarlo in modo poco imbarazzante. Non ci penso e mi lancio nella descrizione di come l’ho presa.
“Sì, sua mamma. Mi ha chiamato, ha parlato in modo rapido, nervosissimo e poco comprensibile, prima ancora che io capissi chi fosse. Ho dovuto chiedere con chi stessi parlando. È stata, mi spiace dirlo, molto poco educata. È l’ennesimo episodio offensivo di questa storia. Un’altra voce sulla lista. La mia, però.”
Virginia sembra capire, oppure finge, e nel tentativo di giustificarla scivola subito su una serie di giudizi tremendi sul modo di Laura di comportarsi con le altre persone.
“Io la conosco poco, in fondo. Ma a volte si chiude in un modo…”
“Non ci posso fare niente.”
“Magari se aspetti, col tempo, che lei sbollisce.”
“Non ci conto, ma nemmeno m’interessa sbollire niente.”
“Secondo me dovrebbe trovarsi un uomo… calmarsi un po’…”
Una frase del genere, onestamente, mi appare eccessiva, specie se proviene da un’altra donna che, tra l’altro, dovrebbe essere sua amica. Mi rendo conto che anche di questa qui non conviene granché fidarsi. Però a una simile volgarità gratuita ho difficoltà a replicare.
Mi limito ad un “Se lo dici tu…”,
Intanto, l’immagine mentale di Laura con un altro uomo mi provoca una certa reazione. Possibile che ne sia ancora geloso? Per quanto sia irrazionale…
Ma mi riprendo subito:
“Continua a non essere un mio problema. Io con lei ho chiuso definitivamente.”

