Missiva d’autunno all’immagine di lei

Fulgida risacca dell’onda marina in una notte di plenilunio,
che fai, dimmi, che fai or ora leggendomi una a una le parole, mentre stai assiepata sopra un indegno sedile, tra te e te, osservando schermi luminosi e multicolorati?

Cosa sei, dimmi cosa sei quando pensi a quei mondi di luce che ritorcendosi su se stessi indefinitamente, al di là di universi tenebrosi, rendono un poco più chiari certi angoli di esistenza?

Hai mai intravveduto, tra quei risplendenti astri eternamente ardenti, una qualche creatura sensibile nutrirsi della pura essenza delle stelle?
E se non questo, dimmi allor che fai, adesso, mentre tristi spiriti si pasciono brucando malinconie su opalescenti colline fatte della sostanza di cui son fatti i sogni, sulle quali i caprimulghi d’Antares volano silenziosi; dimmi questo, se vuoi, o anche no.

T’immagino mossa, non mai statica: sempre sembri agitarti tentennando il capo pel tuo intimo pensier sospeso tra diversi dubbi stimolanti e passioni divergenti… e ora io, pensa, proprio io, t’immagino.
Ti vedo, a volte, confusa tra immagini di altre persone. Allora metto da una parte ciò che non serve più e dall’altra ciò che va conservato. Al centro del quadro resta soltanto l’immagine nitida di te. Che non so.

Ti vedo in diverse sfumature di colore, come un dipinto impressionista che troppo vicino è incomprensibile. Tante tinte accostate, ognuna delle quali mantiene le propria identità e che vieppiù compongono, adeguando il vedere, morbidamente la figura a distanza.

Ti vedo, dicevo, a volte dolcezza immensa, a volte insicura della tua stessa presenza, a volte mi chiedi conferme, a volte le chiedi a te stessa, a volte appassionata a una nuova occorrenza, a volte lottatrice per una idea e una certezza, a volte viaggiatrice, dentro e fuori dal mondo, a volte immersa, quasi imprigionata, in cose da cui vien voglia di fuggire. E fuggi, allorché, senza rimedio, giunge la fine del giorno.
Alla fine, soltanto, dolcezza immensa.

Ed ora non stupire il tuo sguardo per queste piccole piccole parole, ma solo dimmi: che fai, a cosa stai pensando or ora mentre mi leggi e osservi i tuoi schermi luminosi?
Hai mai composto in liberi versi leggiadri le tue emozioni intense e brevissime, i battiti forti del tuo cuore? Hai mai profuso i tuoi sentimenti più forti e profondi in piccoli frammenti cartacei che poi volano via come attimi di malinconia, coriandoli che feriscono per troppa dolcezza?

Io, esaurito questo breve istante tra l’apparire di un  sole nero all’orizzonte d’innumerevoli universi carminio e il suo repentino eclissarsi, vorrei che, in attesa del prossimo dileguarsi di nebbie tra il mio e il tuo sguardo, restasse, come una goccia di pioggia riposa sul davanzale, un ricordo di gioia in quel fulgore, per questo saluto di dolcezza immensa.

A presto.

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