Non avevo alcun motivo per il quale potesse interessarmi fare fotografie.
Non avevo una macchina fotografica. Nemmeno una baracca da cellulare, fino a un anno fa. E poi m’inorridiva – m’inorridisce – la smania modaiola di documentare le minime cazzate quotidiane e condividerle col mondo. Non voglio allinearmi alla massa di coglioni che condividono migliaia di immagini malfatte e senza senso.
La botta finale sono stai i computer dei clienti da riparare, su cui erano conservati archivi tristissimi delle “foto vacanze 2008”, o del “compleanno Gessica” e del “matrimonio Marco&Lalla”. Cartelle piene di orrende fotografie tutte ugualmente buie di gente con l’espressione disturbata e gli occhi rossi.
Il solo pensiero di fare cose simili mi procurava conati di vomito.
L’unica cosa che m’inorridisce più delle mode passeggere è adottarle.
Un paio d’anni fa ho comprato una piccola compatta. L’avrò usata in un paio d’occasioni, tre al massimo. Sentendomi un cretino, tra l’altro, poiché non riuscivo a trovare un motivo, una ragion d’essere per quegli scatti freddi, privi di emozione. Mi appariva solo l’aspetto paradossale del far fotografie. L’immagine che scatto dovrebbe conservare per me il ricordo di quell’istante. Ma io quell’istante non l’ho mai vissuto, non mi appartiene. Io in quell’istante stavo scattando la foto. Come può un’immagine bugiarda rappresentare un ricordo?
A questa domanda non avevo risposta.
Poi è successo qualcosa.
Una sera ho usato lo smartphone per riprendere le coreografie del nuovo spettacolo, durante le prove, su richiesta del regista, a scopo di studio. Quella sera ho preso anche qualche scatto cercando le espressioni degli attori in scena, e poi dietro le quinte, inquadrature, chiaroscuri, gesti, scorci curiosi… Provavo le stesse sensazioni di quando mi trovo di fronte alla tela con i pennelli in mano. Stavo scoprendo un nuovo strumento per creare immagini. Era come fermare certi istanti dello spettacolo. Immortalavo i personaggi, più che gli attori.

Forse è questo il salto mentale che m’è avvenuto di compiere. La macchina fotografica è passata da uno strumento esclusivamente mimetico della realtà ad uno completamente creativo. L’oggetto – la macchina fotografica – è rimasto lo stesso, ma le fotografie sono cambiate. Non più fredda copia di un istante, ma sua rappresentazione emotiva. Ho trovato la risposta.
Certo, le foto fatte col telefono sono quel che sono… Due giorni dopo ho portato in teatro la macchinetta compatta e ho scattato decine di immagini, soprattutto nel retropalco, sperimentando le varie impostazioni disponibili in una vaga approssimazione di estasi creativa.
Dopo un po’ mi sentivo strangolare nei limiti di quell’apparecchietto. Potevo solo premere un bottone e poi aspettare lo scatto, senza imporre la mia volontà. Più l’usavo, più m’incazzavo.
Ho desiderato qualcosa di più e ho cominciato a studiare la tecnologia delle reflex e l’offerta sul mercato di modelli più o meno professionali e tecnologici. Dopo un mese di manuali, riviste, consigli di amici esperti, cataloghi e recensioni da siti web, mi sono reso conto di aver appena scalfito la mia assoluta ignoranza in materia. Ma il desiderio di proseguire il viaggio nel mondo della fotografia era più grande del denaro da spendere per realizzarlo e della quantità di roba da imparare.
E alla fine sono diventato nikonista. Adesso comincia il difficile, credo.



Bravo Aleks!
Come hai detto tu, non si scattano le foto come promemoria, si scattano per creare, suscitare e rievocare emozioni. Se c’è una cosa che non sopporto quando mostro le mie foto è la domanda: “ma era davvero così?” La mia risposta è che sono un fotografo amatoriale, non un perito del tribunale. Se vuoi la “verità”, vattela a cercare.
Sì, la fotografia, come tutti gli hobby, è un gioco costoso. Avrai già letto in giro il consiglio: investire sugli obiettivi e risparmiare sui corpi. Se fai spesso foto in luoghi bui, non sottovalutare treppiedi e flash.
Se sei nikonista, un ottimo sito pieno di buoni consigli è questo: http://www.bythom.com.
Benvenuto nel mondo delle reflex.
Io invece sono olympusista, e devo dire che faccio fatica a capire le guerre di religione tra sostenitori delle diverse macchine. Mi piace della Olympus il concetto della stabilizzazione dell’immagine sul sensore, invece che nell’obiettivo, non mi piace la difficolta’ a scattare in modo a fuoco manuale (fotografando molto il cielo, in cui l’autofocus non “prende”). Non ho ancora trovato il modo di farlo con controllo remoto.
Comunque e’ un modo di far foto completamente diverso da quello con una compatta, molto piu’ creativo. E divertente, basta avere abbastanza spazio disco in cui mettere le migliaia di foto che farai
Ciao Arnau, mi piace saperti in estasi creativa…
Ciao, ben ritrovata!
(Saluto veloce veloce, prima di correre in teatro…)