Era il 5 settembre 2009. Ho chiamato l’assistenza di BancoPosta, su cui avevo il conto corrente già da molti anni per attivare l’account sul sito ed eseguire operazioni online.
La procedura era tutt’altro che semplice e veloce: richiedevano di inviare via fax (sic!) una copia del mio documento di identità, le mie generalità, la richiesta di attivazione dell’account e un numero di pratica che avrei dovuto chiedere telefonicamente. La richiesta avrebbe dovuto essere evasa entro 15 giorni.
Due settimane per un account sul sito web.
Olive in salamoia che s’agitano, è l’immagine che s’è presentata nella mente. Non so perché.
Passano ventuno giorni: siamo al 26 settembre, tre settimane dopo aver inviato quanto richiesto. Arrivano delle istruzioni e le credenziali per accedere all’account. Le uso per effettuare l’accesso e non funzionano. Allora telefono all’assistenza tecnica e racconto tutta la procedura seguita fin qui.
“Un attimo che controlliamo. ”
Aspetto qualche attimo.
“L’account è attivato, deve accedere con le credenziali che ha ricevuto.”
“Lo so. Ho chiamato perché le credenziali non funzionano.”
“Deve chiudere Explorer e poi riaprirlo.”
Le olive vorticano in una salamoia che sta riscaldandosi rapidamente.
Interrompo il tizio che mi sta trattando da demente e gli spiego in modo educato ma chiaro che:
1) non uso Internet Explorer da molti anni;
2) non devo chiudere e riaprire il browser ogni volta se cancello la cache;
3) con software e web ci lavoro e so perfettamente di cosa parlo;
4) l’account non funziona.
“Attenda, le passo l’ufficio tecnico.”
Penso che è meglio così, che finalmente parlerò con uno che sa cosa sta dicendo. Attendo qualche istante, sento un click e cade la linea.
La salamoia sta diventando un caldo brodo di olive bollite.
Ricapitoliamo. Mi serve un account sul sito web della banca. Faccio una richiesta di attivazione via fax e mi rispondono dopo tre settimane con una utenza che non funziona. Sono nervoso.
Rifaccio il numero. Squilla tre volte, poi suona occupato. Ritento. Ancora occupato. Riprovo a intervalli di cinque minuti altre quattro volte. Impossibile parlare con qualcuno. Lascio perdere augurando malattie croniche agli incompetenti cacasotto con cui ho parlato e a tutta la gerarchia dei loro responsabili fino al Direttore Generale di BancoPosta.
Nelle settimane successive riprovo più volte. Quando riesco a prendere la linea, devo ripetere ogni volta tutta la cazzarola di storia, non capiscono un cazzo, invio altri due fax, ricevo altri quattro numeri di pratica (ne aprono una anche solo per chiedere spiegazioni), insisto, spiego, distribuisco persino consigli tecnici a emeriti cialtroni, m’incazzo, sfanculo, urlo.
A dicembre non sono stati capaci di attivare uno stracazzo di account sul loro fottuto sito web. Basta. Chiudo il conto e porto i miei soldi in una banca seria.
(1 – continua)

