Snocciolate come grani di un rosario, una ad una pervengono le scuse per non venire alle prove. Di qualunque compagnia teatrale farai parte, queste cialtronate ci saranno sempre.
C’è la partita dell’Italia ai mondiali, d’accordo, preferisci restare a casa e pure questo è comprensibile, ma avvisare dieci minuti prima accampando giustificazioni del cazzo è da stronzi eh. Avvertite prima e me ne sto a casa pure io, invece di farmi trenta chilometri a vuoto.
E invece no. E invece ieri mattina abbiamo confermato le prove e ieri sera ci siamo trovati in quattro invece che in nove. Serata persa e dobbiamo aggiungere prove anche domani sera perché altrimenti salta pure lo spettacolo.
La partita? Riusciamo a vedere solo la fine di Italia-Germania. Abbiamo vinto la semifinale, ma ci siamo persi tutta la storia di questa gara. La sostanza, il sapore dell’impresa e il racconto che avremmo potuto fare ai nostri nipoti di quella gara leggendaria. Ogni volta che si ricorderà questa partita, a me tornerà questa sensazione di occasione persa.
Ci pensate: come chiedere ai vostri genitori di quella “Italia Germania 4 a 3” e loro vi rispondono “quella sera, mentre tutti guardavano la televisione, ero ad aspettare quegli stronzi che invece sono rimasti a casa. Quindi non te lo posso raccontare.”
Fanculo.
Dopo la partita, andiamo a bere una birra. Per strada ci sono bandieroni piantati in automobili scoperte e nei finestrini di automobili coperte. Gambe nude, aste vestite e teste variopinte spuntano da ogni finestrino come bizzarri ibridi tricolori e tricologici. Laura si dichiara “nazionalista” e non capisco se è uno slancio sgrammaticato oppure una dichiarazione fascistoide.
Di sicuro ha scelto il termine peggiore, orrendo, sanguinante e obsoleto. Ne nasce una discussione lessicale e ideologica che a un certo punto ho interrotto per non rovinarmi ulteriormente la serata.
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Tornando verso casa, più tardi, ho chiesto a Laura se sabato mi fossi reso ridicolo. Lei ha sussurrato “no, perché?” senza aggiungere nulla.
Guidava. Sul sedile posteriore, Camilla dormiva beatamente. Prima di poter continuare la conversazione, siamo arrivati. Buonanotte, ciao, ci risentiamo…
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Come non fosse successo niente. Dovrei essere tranquillo, incazzato oppure depresso? Ma che ne so.
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Accanto alla mia auto, l’ho salutata. Ho messo in moto. La sensazione fortissima di vuoto. Come quando perdi qualcosa che non riavrai mai più. Le due e un quarto di notte e niente sonno. Ho attraversato la città urlando ai semafori rossi come fanno nei film americani. Alle tre ero davanti a casa sua. Ho rallentato senza fermarmi.
Poi a casa ho dormito.

