Il giovedì-birretta pre-pasquale è cominciato come al solito. Appuntamento sotto l’orologio della piazza subito dopo cena. Passo a prendere Andrea con un po’ di ritardo e Christian ci fa comunque aspettare. Nell’attesa passeggiamo. E nel parlare capita di toccare anche argomenti delicati.
Quando il biondo è finalmente arrivato, l’abbiamo un po’ preso in giro ripetendo il suo nome fino a renderlo un mantra. Completato il rituale di saluto, siamo andati al pub. Rigorosamente scozzese.
Il solito tavolino tondo era occupato, ne abbiamo colonizzato uno simile, ma con le sedie al posto del divanetto.
Le prime Parole Buffe della serata evocano scene di sesso automobilistico, risa sguaiate e disgusto, condito di dettagli espliciti e filosofia, senza scordare sentimento e tecnologie. Solo quanto basta a riempire il vuoto, finché arriva l’omino vestito di nero. Costui dice buonasera e accenna un sorriso che si spegne subito, poi deposita la carta birraria sul piano di legno e si dilegua.
La nostra scelta è rapida, carica com’è di abitudine consolidata, e l’omino in nero riappare come invocato dalla sua comoda penombra, con in mano una penna e un taccuino, anch’esso nero. Il biondo ordina una scura, io e Andrea preferiamo le bionde.
È qui che Cristian comincia a muovere le mani in modo poco chiaro infilandole in chissà quali tasche o anfratti del suo vestiario. Quando mi rendo conto della sua manovra, lui sta già ponendo sul tavolo una busta bianca. Sul retro, in bella evidenza, il nome di Andrea tracciato in inchiostro seppia con un pennino tagliato trasversalmente.
Il procedimento scrittorio necessario per adoprare questo tipo di penna è chiaramente riconoscibile dalla sequenza di linee di diverso spessore che conferisc… sto divagando.
Dunque, di fronte ad Andrea c’è questa busta col suo nome. Christian brandisce una seconda busta identica in tutto tranne che nel nome tracciato, che stavolta è il mio, e la poggia sul tavolo. Poi sorride e osserva la scena. Io cerco un commento adatto, ma lo trova prima Andrea e sbotta in un sarcastico “Cos’è, ti sposi?”.
Christian dice solo “Sì.”
Una pausa. Silenzio breve ma assoluto. Il colpo di teatro ha raggiunto l’effetto voluto. Un metronomo batte alcuni “cloc”. Guardo Christian, cloc, cloc, osservo la piega della bocca, cloc, gli occhi, cloc, cloc, comprendo che non scherza, cloc, cloc, e no, non è impazzito, cloc,non più del solito, cloc, ma che ci fa un metronomo in un pub scozzese? La pausa finisce con Andrea ancora ammutolito. Poi dice tre volte “Ma… ti sposiii” variando la tonalità. Ogni volta il biondo, che ha capito la gag, risponde “Siii!”. Poi si tacciono.
Quando arrivano le pinte richieste, Andrea paga per tutti. Io decido che il secondo giro è mio. Ancora non riesco a commentare la notizia. Del resto, che vuoi commentare? Che sono felice per lui? Mi sembra un’ovvietà quasi banale. Per ora l’attrazione è Andrea, che sta zitto. “Ma cosa c’è, ti dispiace?” “Forse, sei geloso?” Alza la testa, ci guarda: “Eh, sono commosso. Queste cose mi commuovono…”
Nelle buste troviamo due biglietti, uno grande e uno più piccolo. Sono gli inviti per la cerimonia in municipio e per il ricevimento che avverrà dopo. Questo argomento, com’è naturale, è stato il filo conduttore della sera, in molte declinazioni: lei, la casa, il mobilio, la listanozze, l’addioalcelibato e così via. Al viaggio di nozze no, non abbiamo accennato…
Dopo la seconda pinta, tutto si fa più confuso. Ordiniamo pure qualcosa da mangiare. Bruschette. Ma non mi pare che abbiamo cantato. Auguri, auguri, comunque.


Le persone sono cristallizzate nel nostro immaginario… Per me il biondo è ancora quel ragazzino sorridente che correva nei prati, i capelli al vento. Questo non spiega la commozione che tu descrivi, ma spiega altro, a cui tu non accenni…
Sentimenti non puri… Alla commozione s’accompagna l’invidia.