Valentina era il profumo dei pini e gli aghi che pungono i piedi. Era l’ombelico e le spalle nude, la pioggia rada e l’ombra di tronchi altissimi e fitti.
Quel pomeriggio erano fuggiti dalla sorveglianza. Per la prima volta da soli, ad esplorare il bosco. Lei imprudente e avventurosa, lui più incerto. Lei lo guardò con quella espressione negli occhi. Forse ci fu un bacio sulla guancia.
Ho freddo, Mino, torniamo, disse, abbracciandosi le spalle. Gli occhi erano di un colore che nessuno si ricorda mai. I capelli erano lunghi e lisci, ma il viso Mino non riesce proprio a ricomporlo.
La voce sì, quella Mino se la ricorda. Lui non voleva tornare, ma non sapeva dirlo: desiderava e basta senza immaginare cosa. Tenersi per mano tra gli alberi gli pareva tutto. Sarebbe rimasto volentieri, con la terra, l’odore di resina, l’ombra rossiccia del bosco. E con il sorriso di Valentina. Un suggerimento che non sapeva cogliere.
Lungo il ritorno, trovarono i resti di un fuoco. Mino li smosse e si scottò appena con le ceneri ancora calde.

