Elena fu come svegliarsi per scoprire che è tutto vero. Furono sempre distanti, eppure vicinissimi, quasi indispensabili.
Tra il verde scuro degli occhi e il rosa chiaro di quella cicatrice, lei diceva vieni, accompagnami. Diceva guardiamo oltre, sentiamo la musica se restiamo in silenzio. Elena diceva avvicinati, puoi sapere tutto di me.
Fu il motivo per imparare a ballare. I capelli nerissimi, la musica, erano l’unica coppia, Mino era a disagio, ma poi gliene fu grato.
Elena piangeva, salutando Mino. Lo faceva un po’ tutte le volte. Elena che gli scriveva lettere piene di errori. Gli dedicava canzoni di amori finiti, perché le cose della vita vanno così e non puoi farci niente e lei già lo sapeva. Ma sarai sempre il mio Mino. Parole ragazzine e tremendamente serie.
Senti, se io ti dicessi. No, non me lo dire. E restavano così, sotto il sole, a chiamarsi da lontano con un gesto tutto loro.
Non cambiare, Mino, non cambiare mai, lei gli diceva. A Mino sembrava la frase più bella del mondo. E lui dopo tanti anni ci prova ancora, per Elena, a non cambiare.
Giusto per ricordarsi quanto è difficile.

