Cal e la coscienza altrui

Capodanno2015-311214-012Cal aveva sperato di essere il secondo a parlare, invece avrebbe aperto la riunione. Gli stava salendo l’ansia. Tutto sommato si era preparato bene. Bastava spiegare le cose che aveva fatto, sfogliare i cartoncini già ordinati e ricordarsi di cambiare diapositiva nei momenti giusti. Controllò il puntatore laser. La batteria era nuova. Per sicurezza Cal ne aveva una seconda nella borsa. Non si sa mai.

Parlare in pubblico lo rendeva nervoso. Il cuore accelerava, il fiato gli mancava, le mani tremavano. In teatro non succedeva: là era calmissimo, gli piaceva essere al centro dell’attenzione e ricevere applausi. Tenere una conferenza invece era un ostacolo quasi insormontabile. Questa cosa qui, non riusciva proprio a spiegarsela.

Nell’attimo in cui iniziò a parlare, Cal sentì la mente confondersi, vide offuscarsi tutto ciò che era chiarissimo un momento prima. Nei primi istanti gli era sempre difficile pensare. Per questo aveva studiato la sua relazione a memoria. Poteva ripetere il copione senza paura. I cambi di tono, le pause, le espressioni, il ritmo: tutto era già studiato, provato, cronometrato. Dopo un paio di minuti, Cal riprendeva il controllo su di sé.

Da qui in poi, era facile. Cal avvertiva la risposta del pubblico e modulava voce e gesti per ottenere il massimo effetto. Era una esperienza esaltante e spaventosa. Cal gestiva le emozioni di tutte quelle persone, pilotava i loro pensieri. Cal sentiva di avere una grande responsabilità.

Cal aveva una idea molto precisa di quanto sia indispensabile essere leali, in questa situazione. Ci aveva pensato molto, tante volte. Quella gente era lì per credergli: non poteva tradire quella fiducia. Anche se nessuno l’avrebbe mai saputo.

Ogni tanto, Cal pensava con un brivido a tutti quelli che mentono appena ottengono un incarico, di qualunque tipo. Personaggi pubblici che usano la loro posizione per ottenere popolarità, esercitare il potere, guadagnarsi una posizione più alta. Cal si diceva sempre che della coscienza altrui non poteva fare bucato, però era suo dovere tener pulita la propria.

Ci fu un applauso, poi la sala si svuotò. Cal tornò a casa da solo.
Non basta, pensava. Non basta.

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