Lunghissima sera

Ecco arrivato il giorno. È giovedì 28 settembre ed esco per l’ultima volta da questo ufficio. L’ultimo saluto avviene senza alcuna emozione, se non fosse per quel pochino di soddisfazione: mi sono liberato di questi due tizi, i miei due “capi” per quasi cinque anni. Ex-capi, adesso.

Intanto, il tizio del surreale colloquio della settimana scorsa mi ha richiamato. Dice che ha un cliente cui interessano le mie competenze e vorrebbe vedermi al più presto. Io gli faccio presente che fino a lunedì non sono disponibile. Lui fissa l’appuntamento col cliente per lunedì mattina.

Eccolo, il trafficante di carne umana. Vuole vendermi al cliente a prescindere dal lavoro che dovrò fare, dal contratto che mi offrirà, perfino dalle mie richieste. Non mi conosce nemmeno e non ha nemmeno accennato a volermi spiegare le mansioni richieste.
Secondo me nemmeno ci capisce un cazzo di informatica: a lui interessa solo intascare denaro sfruttando il mio lavoro.
Fanculo, sono appena uscito da una situazione insostenibile e non ho nessuna intenzione di farmi rimettere le catene alle caviglie. Non vado da nessun cliente se prima non mi offre un contratto alle mie condizioni. Se lui ha bisogno di me, a me non servono lui e le sue meschinità.
Mi sa che lunedì gli faccio uno scherzo cui non è abituato.

Non vado a casa. Non ho nulla da fare. Vado al centro commerciale e prendo quelle due cose che mancano in dispensa. Prendo anche una birra e la bevo subito.

Un pensiero buffo mi fa sorridere. Ho comprato spaghetti e sale. Immagino di avere anche una pentola d’acqua e un fuoco: potrei campeggiare.

Sono già le nove. Nel centro commerciale si sentono voci femminili che declamare gli orari di apertura e chiusura dei negozi e ringraziano della visita. Stanno per chiudere. Mi rilasso in macchina leggendo un libro con la radio accesa per qualche minuto. Poi lo richiudo e metto in moto. La birra di prima mi ha messo fame. E un po’ di tristezza. Dev’essere un calo di zuccheri.

Riparto, lentamente, verso la città. Non vado a casa. Allungo passando per le vie dove abita questa o quella persona. O dove ci sono vecchi ricordi. Una specie di ricognizione del passato. A raccontarlo ora, sembra un comportamento inquietante, ma in verità è stata solo una botta di nostalgia mista alla sensazione di “punto e a capo” della giornata.

È un giro rapido, poi mi dirigo verso casa mia. L’ultimo passaggio è nei pressi di una sala pubblica dove andavo spesso per provare con la compagnia teatrale. Ci sono molte più macchine di quanto ricordassi. Forse c’è qualche festa di quartiere.
Con lo sguardo osservo le macchine. Ricordo quelle che avevano alcune persone di allora… credo di riconoscerne una o due, ma è di sicuro un’impressione. Mi sento un po’ stupido.

Quando arrivo a casa sono già le dieci passate. Mi preparo gli spaghetti, lavo il piatto. Col televisore acceso, lavoro a un video che devo montare per la mia compagnia. Finisco che è notte inoltrata. Spengo il televisore, poi lo accendo di nuovo, giro i canali e spengo definitivamente.

Mi metto a rileggere il piccolo principe. Non so perché l’ho scelto. Mentre leggo, arriva il messaggio di buonanotte di una cara amica. Non so perché ha scelto quel momento. Fuori dalla finestra cerco qualche stella, ma il cielo è coperto. Buonanotte.

1 commento su “Lunghissima sera”

  1. Leggerti mi risulta realmente Doloroso a tratti, è come rivivere esattamente istanti sensazioni angosce smanie ossessioni frenesie e follie dell’ultimo anno e mezzo, riesumare spettri e incubi che in questi giorni sto, finalmente ma tanto faticosamente, riuscendo a seppellire.
    No, non è un interruttore. Proprio no.
    O, per dirla con le parole che usai io, non è un rubinetto che inizia a gocciolare a poco a poco e quando te ne rendi conto, se vuoi, hai il tempo di richiuderlo prima che sia troppo tardi.
    E’ piuttosto un secchio tuffato in un pozzo e, tuo malgrado, te lo ritrovi pieno tra le mani, traboccante.
    Ma come può capire, come può anche solo vagamente immaginare, chi non ha provato. Non può. No.

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