Che forte che sei

Prendo la scatola più piccola, quella col mixer, la borsa del computer e anche l’altra. Tre piani, tanto è discesa. Poi torno su. Non c’è nemmeno lo spazio, anche se volessero, per mettere un ascensore.

Ora è la scatola media. Dodici chili di amplificatore. Altra discesa. Accenno di fiato grosso. L’accenno si fa suono di mantice per il terzo viaggio, quello con la scatola grande. Saranno diciotto chili, distribuiti sul metro e venti del cartone bianco dove sonnecchia una cassa monitor. Nel bagagliaio non c’è più spazio: usiamo il sedile posteriore.

Ormai ci sono, anzi no. La quarta ascesa. Non saltello più tra le scale come dieci minuti fa. Prendo una camicia di ricambio, ché questa è già bagnata fradicia. E un asciugamano (dovessi fare l’autostop galattico).

La serata è appena iniziata. Entro in macchina e mi asciugo la testa.

Non appena parto, mi trovo imbottigliato. Davanti a me si viaggia a quarantachilometriallora. Urlo di frustrazione e e poi anche per il ritardo che s’accumula. Alle nove devo essere in teatro. Mancano dieci minuti e una quindicina di chilometri.

Appena riesco a superare un lumacone, me ne appare uno nuovo e più grosso. La velocità media è superiore a quella di una tartaruga con la pressione bassa. Ma di poco.

Infine arrivo. Ovviamente non c’è parcheggio vicino all’ingresso. Blocco l’uscita di un’auto sportiva ed entro. Gli altri sono già sul palco a preparare la scena. Il caldo è afoso, il sudore goccia la fronte e irrita la pelle del collo dove mi sono rasato.

Chiedo all’omino del teatro se possiamo usare l’impianto standard o dobbiamo montare il nostro. Lui non lo sa. Aspetto notizie mentre accendo il portatile e preparo la locandina per la prossima data, ché siamo in ritardo. Quando finisco, invio il lavoro alla tipografia che aspettava. Intanto è deciso: usiamo il nostro mixer e lo colleghiamo all’amplificazione di casa.

Usciamo dal forno con palco e platea. Di fronte c’è il bar con gelati e bibite. Degustiamo acque minerali. L’auto sportiva è andata via. Evidentemente non era così bloccata.

Rientriamo per la prova generale. Abbiamo camerini separati per uomini e donne. Non è una cosa frequente nei teatri di provincia. Questo invece è lusso: ci sono ben due specchi.

La giacca del mio costume tiene caldo. Anche senza, comunque, è uguale. Mi sorprende la mia faccia su quel vestito. Sembro vero. Mi piace ammirarmi. Mi dicono che ho l’espressione folle. Bene, sono nella parte. Ha inizio lo spettacolo. Una prova generale che non è esaltante ma funziona. Col pubblico sarà tutta un’altra cosa.

Non succede spesso, ma per questo spettacolo abbiamo costumi bellissimi. L’atmosfera è piacevole. Non fosse per la temperatura e il sudore sarebbe stata una serata altrettanto piacevole. Ho provato acrobazie vocali per certe battute che lo richiedono. Il suono è perfetto. Non sarà difficile raggiungere gli spettatori in fondo alla sala.

Che forte che sei, mi dice la costumista guardandomi nella sua ideazione e sistemando i dettagli che solo lei sa vedere. Che forte che sei, dietro le quinte, in attesa della prossima scena, dice il regista, sussurrando consigli e imprecazioni, facendo domande retoriche e risposte mai domandate. Che forte che sei, mi ha detto, ridendo e prendendomi in giro, l’attrice che sarà fra un attimo con me in scena. Una frase così, senza peso, che fa piacere e fa sentire felici. Basta poco.

Dopo. Quasi un’ora dopo mezzanotte. Fuor di teatro gli accordi, i da fare, gli appuntamenti, il saluto lungo che non vuol finire e la partenza, ognuno per sé. Abbiamo tutti paura per domani. E poi tutto il tragitto per casa in carovana. Ognuno solo nella sua auto a guardare i fari dei compagni.

È tardi. Rallento, stanco e sudato. La camicia pulita è già umida. Quasi perdo quelle lucine rosse che allontanano, ma la strada non piega o devia. Le raggiungo di nuovo, andiamo tutti piano. Poi ci separiamo.

A casa. Prima del riposo, su e giù per i tre piani senza ascensore. La scatola grande, poi quella media, poi la piccola, il portatile e la camicia fradicia. Io volevo dormire, ma provateci voi con una zanzara in camera. Però non ha vinto lei. Abbiamo pareggiato.

5 commenti su “Che forte che sei”

  1. Non vorrei precisarlo qui. Forse hai notato che ho sempre evitato riferimenti espliciti. Vorrei proteggere, per quanto possibile, il privato delle persone di cui parlo. Ed anche il mio. Ho scritto nel ‘Chi sono’ che vivo a Nord, confermo. Per altri dettagli che appaghino eventuali curiosità, scrivimi pure all’indirizzo di posta elettronica linkato sul blog. Lo spettacolo comunque sarà in località differenti del Nord-Est fino alla fine del mese.

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