figura sfocata di donna

Domenica e lunedì

La domenica parte lenta. Il caffè, il mercatino delle pulci, come al solito niente di interessante, un po’ di movimento dopo pranzo. Il bicchiere di vino dozzinale mi mette sonnolenza.

Sento Linda per la sera. Vengo da te o vieni in città? Lei ha uno spettacolo vicino a casa, nel pomeriggio, poi un’amica si ferma per cena: posso unirmi alla compagnia? Accetto. Avrei anche assistito al suo spettacolo, ma in quindici minuti non sarei mai riuscito a fare cinquanta chilometri.

Arrivo da lei puntuale. L’atmosfera è distesa. Entro subito in argomento e mi scuso del casino con lo spettacolo e con Laura. Poi parliamo di cibo, di salute e del vino per la cena.
L’amica che è con lei mi riconosce e si ricorda di me. Anche io mi ricordo. Fa appena un cenno a Laura. Si ricorda anche di lei e della sua orrenda gaffe omofobica. Segue una lunga conversazione, interessante e piacevole sulla vita, l’arte e i rapporti umani, sul lavoro e il tempo libero, sulla presenza di spirito e l’assenza di compassione.

Ho potuto parlare anche di Laura. Dei miei dubbi, delle preoccupazioni sulla compagnia che non può durare così. Spiego le cose che mi hanno inorridito, a proposito dello spettacolo di cui Laura non ha voluto dire nulla.
Da punti di vista differenti, abbiamo visto le stesse cose. Ma non abbiamo soluzioni. Se fosse una persona ragionevole, potremmo pensare di spiegare a Laura come e perché ha sbagliato. Però ho imparato che tra attese di ‘momenti più opportuni’ che non arriveranno mai e momenti di aggressività irragionevoli, cercare di parlare con lei è stato come seminare grano sul cemento. Molto duro.

Era già notte inoltrata quando siamo usciti. Io per tornare a casa, Linda per dare un passaggio alla sua amica.

Lunedì non ho chiamato Laura. Sarebbe stato bello se si fosse interessata lei. Ma evidentemente non le importa.
Mi ha scritto nel pomeriggio solo perché aveva bisogno delle immagini della locandina. Dice pure che sabato ci danno il teatro per le prove. Domenica si va in scena.

Le telefono, ci mettiamo d’accordo per le immagini. E, sai, ieri sera sono stato a cena da Linda, dico.  Ah, davvero? Paolino dice che hai avuto coraggio.

Coraggio? Io penso che ci voglia coraggio per comportarsi da stronza, non per andare a cena da amici.

Abbiamo parlato di te, le dico. Mi risponde con un tono fintamente scherzoso che dobbiamo smetterla di parlare di lei. A me è parso di cattivo gusto e non le ho detto altro. Lei non ha chiesto. Ne parliamo a voce, dico io, pensando che magari troverà un’altra scusa per evitarlo.

***

Più tardi, stavo per mettermi in auto per portare a Laura le immagini e arriva un suo messaggio: deve uscire, non ci vediamo, però posso lasciare il materiale a sua mamma, quando passo. Codardia pura.

***

In serata ho parlato al telefono con Paolino e gli ho detto tutto quanto è accaduto. Lui ha ripetuto qualcosa a proposito del coraggio che ho mostrato affrontando il problema. Gli ho spiegato che non è coraggio, ma semplicemente essere adulti.

Nascondersi dietro scuse del cazzo perché non vuoi affrontare i tuoi errori è infantile. Ed è una cosa di cui vergognarsi.

***

Dopo cena mi ha chiamato BarBra. Hai da fare? No, ho appena finito di cenare. Ci vediamo per far due chiacchiere e bere qualcosa? Certo, che domande.

Mezz’ora dopo passeggiamo in centro. Una chiacchierata ampia, lunga e profonda, su amore, sesso, amicizia e rispetto, consumando lentissimamente un calice di vino rosso.
Mi parla di sé e poi mi chiede di Serena e di Laura. Le racconto le ultime settimane, ci scambiamo dubbi e pareri come figurine di un album che non vogliamo completare.
Poi andiamo a dormire, ognuno col suo pensiero e la sua consolazione.

Nella stessa serie<< Chi vuole fa, chi non vuole rimandaLa fine delle diplomazie >>

Lascia un commento

Torna in alto