E’ il mattino de cinque dicembre. Siamo partiti presto per arrivare prima di pranzo.
Siamo a Vipiteno. Qui abitano poche migliaia di persone e la parlata più comune è quella tedesca. In genere di questi tempi è coperta di neve – lo scorso anno ne trovammo quasi due metri – ma oggi il tempo è bello, non si sente il freddo tipico di queste parti e la neve manca. Nemmeno sui monti all’intorno si vede alcunché d’imbiancato.
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Il nome italiano del paese mi incuriosiva. È molto diverso da quello tedesco – Sterzing – così ho fatto una ricerchina. Dopo l’annessione dell’Alto Adige al Regno d’Italia è stato ripreso l’antico nome romano Vipitenum. La località, ancora nell’alto medioevo, è attestata come Vipitina. L’origine della parola potrebbe addirittura essere etrusca, dal nome proprio Vipinus o Vipina.
Il nome tedesco è molto più recente e risale a dopo il mille. Deriva anch’esso da un nome proprio, Sterzen, da cui il basso-medievale Sterzengum (II°-III° secolo) e l’odierno Sterzing.
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Dopo aver trovato un comodo parcheggio, ci siamo diretti alla pensione dove avevamo prenotato una stanza. La signora che ci accoglie, con forte accento tedesco, parla come il papa. La pensioncina è proprio accanto al campanile che divide la città nuova da quella vecchia. Nessuno vuole la camera con la finestra con vista (e sentita) sulla campana.
Preso possesso dell’accomodamento notturno, siamo usciti alla ricerca di un buon pranzo. E’ martedì, giorno di chiusura per molti. Ma non per tutti: una piccola trattoria ci rifornisce di piatti tipici, canederli e crauti. Niente vino, solo birra, mi accontento. Ci accontentiamo più volte, anzi.
Il pomeriggio scorre tra un breve riposo ed una lunga passeggiata per le vie del paese ed il mercatino natalizio. L’attesa è per la serata.
Sta per iniziare una notte misteriosa ed elettrizzante. Lo scontro ancestrale tra forze demoniache e potenze benefattrici qui ogni anno prende corpo. Il bene è S. Nicola, Nikolaus. La figura storica del santo è collegata ad un vescovo del V secolo vissuto a Myra, in Asia minore. Passa indossando l’abito talare e la mitra e tiene in mano il pastorale. Intorno a lui alcuni accompagnatori in abiti orientali e dalla pelle scura.
Poi ci sono i rappresentanti del male, i Krampus, con il loro inconfondibile volto nero, le corna, le parrucche e le continue inquietanti urla. Portano tutti dei frustini fatti con fasci di rami e con questi percuotono violentemente chiunque si avvicini. Quando i rami sono ormai quasi tutti spezzati ed il frustino è inservibile, si limitano a sporcare il volto degli spettatori terrorizzati con le mani nere di fuliggine come la faccia.
L’atmosfera per le strade della città è già elettrica da alcune ore. Dopo le sei di sera passa il corteo del santo e dei diavoli, ma sono questi ultimi che attraggono di più, soprattutto i ragazzini che arditamente (avverbio che fa molto anni trenta) si avvicinano ai mostruosi travestiti per canzonarli, ricevendone in cambio sonore e dolorose frustate. Sembra una specie di prova d’iniziazione per mostrare il proprio coraggio.
Qualcuno dei piccoli dileggiatori viene addirittura catturato ed imprigionato in una gabbia di legno trainata da un veicolo addobbato come fosse il carro del diavolo. E Satana in persona segue su un altro carro, attizzando un enorme fuoco pericolosamente trasportato in giro.
Passiamo così la serata, assiepati prudentemente vicino ad un monumento lungo la via, protetti da un grande albero alle spalle. Nessun annerito tra noi, ma il pericolo ci è passato davvero vicino. Più tardi, girando per il mercatino con del vino caldo e speziato da sorseggiare, uno di noi ha avuto l’ardire di guardare uno dei diavoli negli occhi (gireranno tutta la notte per le vie, semi o del tutto ubriachi). Il risultato: il naso e un lato della faccia annerita da una carezza.
All’ora di cena troviamo l’unica pizzeria aperta e ci fermiamo. Gli altri numerosi ristoranti sono chiusi: è sempre così in questa data: la presenza di Krampus in giro evidentemente terrorizza i gestori per i muri bianchi dei loro locali…
Quando torno in camera, non riesco a prendere sonno. Il ricordo di un anno fa si fa tormentoso. Ero venuto qui con una ragazza con cui è finita male. E sono passati pochi mesi. Quella fu una giornata indimenticabile, questa non me la farà dimenticare.
Mi rigiro nel letto, ascolto musica, chiudo gli occhi, li riapro. Tento di leggere ma gli occhi bruciano, qui dentro fa caldo, troppo caldo. Accendo il televisore, guardo un film fino in fondo. È “Detenuto in attesa di giudizio”, con Alberto Sordi. Un personaggio disperato. Non mi aiuta a dormire fino alle tre. Ci riprovo, ma nulla da fare. Ancora musica? Niente. C’è il campanile che segna ogni mezz’ora. Dà un po’ fastidio, ma almeno ho saputo tutta la notte che ore sono.
Devo essermi addormentato verso le quattro, quattro e mezza. Alle sette mi sveglio e decido che la nottata è finita. Ho appuntamento con gli altri alle nove e mezza per colazione. Faccio tutto con calma. Quando sono pronto, guardo qualche ancora un programma televisivo che ho dimenticato subito.
Dopo il caffè e relativi accessori, regoliamo il pagamento della camera e facciamo un giro per negozi prima di ripartire. Forse dovrei tornare il prossimo anno. Con più allegria.
