Forse era inverno

DSC_2701-Consonno-180814-373 Tito ricorda che quel giorno pioveva. Non forte, giusto quel che basta a impedirgli di uscire scoperto. Curiosamente, invece, non ricorda affatto se fosse marzo, giugno o dicembre. Geta aveva un berrettino di lana multicolore. Forse era inverno.

Lo studio del professore era al terzo piano, in fondo al corridoio, l’ultima porta a destra, di fronte alle vetrinette con le riviste scientifiche.
– Venga, venga!
Il professore ti dava del lei se non ti conosceva ancora. Ma era quel tipo di persona che non sopporta le formalità e le convenzioni sociali. Dopo una campagna di scavo o una ricognizione archeologica trascorse insieme, passava spesso ad un tono fin troppo informale per un professore. Potevi ritrovarti a chiamarlo per nome senza sapere come fosse successo. Lui ti dava del tu, ma ti chiamava comunque per cognome.

L’orario era quasi quello della chiusura degli istituti. Fuori era già buio (forse era proprio inverno). Tito si affacciò alla porta aperta. Geta stava parlando col professore. Tito doveva confermare la partecipazione al survey e metteva a disposizione l’auto per il viaggio.
– Venga, venga!
Anche lei avrebbe partecipato al survey.

Geta aveva una giacca a vento chiara, tutta abbottonata fino al collo. E aveva tirato sotto il mento la sciarpa che le copriva la bocca. Non si tolse il berretto. Quando Tito ripensa a quel giorno, la rivede così, tutta infagottata con gli occhi che spuntano sopra e sotto la lana grossa. Scherzi della memoria, forse, ma a Tito piace quell’immagine.

Al momento di andare via, il professore chiese a Geta se avesse un ombrello. Lei disse che no, ma aveva il berretto e abitava vicino e poi non pioveva tanto.
– Ma lui ha la macchina, le da un passaggio, no? Può darle un passaggio, vero?
Tito fu colto alla sprovvista. Disse di sì, aveva la macchina, nessun problema.
– L’accompagna lui con la macchina. Ecco fatto. Problema risolto. Arrivederci. Me la porti a casa sana e salva, eh. Lei si fida, vero?

Il tono della frase era leggermente canzonatorio, ma lasciava intendere che era l’unica soluzione saggia da prendere. Lei disse che si fidava. Il professore era fatto così. Esagerava. Tito tentò di sorridere, ma in realtà c’era dell’imbarazzo agli angoli della bocca. Non aveva mai visto Geta prima d’allora. E anche adesso non è che ne vedesse granché.

Geta, dal canto suo, avrebbe voluto fuggire, si sentiva incastrata ad accettare un passaggio che non aveva avuto nemmeno l’intenzione di chiedere. Durante il viaggio fino alla macchina e poi fino all’appartamento di Geta, Tito buttò lì qualche frase, giusto per non restare in silenzio, lei rispose appena. Non si rividero più fino al survey, l’estate successiva.

Sono passati più di quindici anni. Geta è andata a vivere in un’altra città e per un po’ si sono anche persi di vista. Però sono ancora amici, sapete? Anzi, col passare del tempo questa amicizia sembra diventare più preziosa.

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