Era passata ormai oltre una settimana di silenzio, ed era un altro lunedì, dopo la metà di maggio.
Nel tardo pomeriggio vado al cinema cui sono abbonato. Durante il tragitto penso a come sia fastidioso entrare a proiezione iniziata. E penso che se dovessi arrivare tardi, piuttosto rimanderei a un’altra proiezione o un altro giorno.
Parcheggio quasi di fronte all’entrata, in perfetto orario. Esco dall’auto, chiudo, faccio qualche passo e sento qualcuno chiamarmi, alle spalle. Quando mi giro vedo Laura e prima di poter rispondere qualcosa lei si autoinvita a casa mia dopo il film per prendersi costumi e oggetti di scena.
Lei non è sola. Al suo fianco c’è il cognato, appena dietro la madre e la sorella. Io non ho voglia di mettermi a discutere per strada con quelle persone chiaramente esagitate. Soprattutto, il film sta per iniziare e non voglio perdere tempo. Le dico “chiamami” e faccio qualche passo per allontanarmi. Appena giro le spalle, l’omino fa la voce grossa per richiamarmi indietro. Io non sopporto chi urla per strada, figuriamoci se è qualcuno che ulula contro di me.
Mi fermo e torno indietro, già nervoso per quel modo di fare, puntando gli occhi su Laura. Il coglioncello fa per venirmi incontro, ma si ferma subito, restando a fare il minaccioso fuori portata. Cacasotto.
Voglio chiudere in fretta quella pagliacciata. Comincia a dire che quella sera no, non si può. Ma è impossibile parlare: il resto della famiglia si è messa a urlare insulti e volgarità inaudite. Non mi fanno altro effetto che rendermi perplesso di fronte a tanta pochezza sociale. Sono infastidito dalla cacofonia e dagli strepiti. Mi impediscono di parlare.
Tento ancora di dire qualcosa in maniera civile, ma la sorella di Laura comincia a gridare che sono un ladro, suo marito prova ad intromettersi pronunciando frasi senza capo né coda. Dietro quei due, la signora dei fili borbotta qualcosa che non ho avuto la gentilezza di ascoltare.
Mi allontano da quella banda di squilibrati che cercano di aggredirmi e vado verso l’auto. Ormai il film sarà iniziato, non mi resta che andarmene.
A questo punto, Laura trova abbastanza buonsenso da chiedere silenzio e allontanare la mandria. Si avvicina e parliamo per qualche minuto. Dice di essere offesa perché non ho risposto ai messaggi.
Dico una sola frase: “Potevi chiamarmi in qualunque momento negli ultimi cinque mesi”
Improvvisamente so che tutto quello che avrei da dirle, non lo dirò. Non servirebbe a nulla. Lei non è in grado di capire. Tra di noi c’è un abisso culturale che non permetterà mai una comunicazione, come hanno appena dimostrato quelle bestie con cui vive.
Restiamo d’accordo che passerà domani alle otto a casa mia. Lei ripete più volte che verrà da sola, come per convincersene. Io penso che stia mentendo e parlo il minimo indispensabile. Lei raggiunge i parenti nel cinema. Io me ne vado.


Porcazza…
Che storia!
Allora i possibili finali sono due:
– domani finalmente te la dà.
– domani ti brucia la casa.
– domani prende i costumi e finalmente sparisce dalle nostre vite.
Ma senti un po’ glielo dici che mi è sempre stata antipatica? Ti prego…
ehm, glielo avrei anche detto, forse…
ma il racconto dei fatti l’ho messo insieme una settimana dopo il loro verificarsi.
Però hai indovinato quel che è successo: uno dei finali possibili che hai indicato è quello giusto. Non anticipo altro.