La collega biondina e il programmatore

Il venerdì lavorativo stava per finire con le tipiche urla da terziario avanzato.
Le cose da fare le avevo già finite con due ore di anticipo e già pregustavo la serata. Con la collega biondina durante la pausa pranzo avevo organizzato una pizza per inaugurare il weekend quindi la settimana stava chiudendosi in discesa. Ma ha squillato il telefono.

Alzo la cornetta. Anna mi dice che il capo della filiale di Torino mi sta cercando. Te lo passo? Me lo passa. Pronto? Pronto. Ciao. Ciao, come va? Vincenzo è il socio del mio capo e dirige la parte di ditta che è rimasta in Piemonte. Ha avuto la bella idea di chiamarmi poco prima delle cinque del venerdì sera e affidarmi una elaborazione urgente di dati da finire entro le sei e mezzo.
Mentre me lo spiega, mi invia i due file da lavorare. Chiusa la comunicazione, scopro che il formato è sbagliato, i dati sono completamente da riordinare per essere usati dal nostro sistema informatico.
Credeva fosse una questione di pochi minuti, invece questo lavoro mi prende tutto il resto della giornata.

Alle sei suona il telefono. È ancora Anna. Mi dice che è ora di spegnere e andare a cena. Dico che non posso. Come non puoi, viene nel mio ufficio, vede che sto incasinato. Ma io non lo sapevo, potevi dirmelo, sto andando via, gli altri ci aspettano per…
“Salutameli”.
Ero pessimista.

Ci mettiamo d’accordo per le sette e mezza. Lei va via, io resto al lavoro. Finisco alle sette e zerocinque, impreco e vado alla macchina. Arrivo miracolosamente in orario e andiamo in un locale appena fuori città.
Forse la compagnia non esaltante, forse la stanchezza della settimana, ma mi viene sonno. Dopo la pizza andiamo in una birreria in città e fatico a mantenere l’attenzione. Vorrei andare ma mi trattengono con “ci facciamo l’ultima e poi”, così quando andiamo è già passata l’una.

Mi porti tu a casa? Pensavo andassi con… No, è fuori con il suo amico. Ok, sali.
Così, con la biondina seduta di fianco, parto in direzione opposta a casa mia. Deposito Anna proprio davanti al portone, ci salutiamo, dico “ci vediamo lunedì”.
“Se domani andiamo al cinema? Ti va?”
Volevo solo andare a casa, mettermi orizzontale e chiudere gli occhi. Dico non so, sentiamoci domani e ti dico.

***

Sabato lo passo a letto fino al pomeriggio. Apatia da stress? Forse.
Mi alzo perché sta suonando il telefono. È Vittorio. Quello che mi ha chiesto consigli sulle donne. Mi chiede se ho programmi per la sera. Dico no. Allora mi presenta i suoi. Del resto è programmatore. Ok, questa non è un granché.

Di Anna nessuna notizia, quindi faccio un giro in centro con Vittorio, cerchiamo un locale non troppo affollato e prendo una birra. Lui beve un’aranciata amara. Perché non hanno il chinotto. Abbiamo chiacchierato di cose talmente futili che non mi ricordo nemmeno cosa fossero.
La domenica è stata una fotocopia di sabato. Vittorio che telefona, chiede se ho programmi, birra alla sera.

Siamo usciti dal locale che era già lunedì da qualche minuto.
Un fine settimana inutile.

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