L’occasione, l’esperienza ed il tasto di avvio

Domenica ho telefonato a Delio, regista di una compagnia teatrale di un paese appena fuori città. È stato per un anno regista sostituto del gruppo in cui recitavo, diversi anni fa e siamo rimasti in buoni rapporti. In realtà, lui mi chiede da tempo di recitare nella sua compagnia e io rifiuto perché è una compagnia dialettale. Di un dialetto non mio.
Ci siamo dati appuntamento per un caffè e ci siamo visti ieri sera. Lui aveva mezz’ora prima di correre alle prove. Gli ho raccontato un po’ di cose recenti e lui mi dice di contattare Antonio, ora segretario nella sua compagnia, che ha recitato con me in “Sette spose per sette fratelli”, cinque o sei anni fa.

Si è mostrato assai interessato sui miei impegni. Quando gli ho spiegato il motivo per cui sto per lasciare una strada, certe persone, per intraprenderne un’altra, mi ha detto una cosa in particolare.
“Non hai sbagliato. Fidarsi non è mai un errore; grave è tradire la fiducia.”
Forse non sono le parole esatte, ma è sostanzialmente quello che ha detto.

Mi ha offerto aiuti e consigli di cui potrei aver bisogno e soprattutto mi ha domandato se fossi disponibile ad accettare alcune piccole parti – sostituzioni – nei suoi spettacoli. Ce ne sono, dice, due in riallestimento e uno del tutto nuovo in via di preparazione per il debutto.
“Mi piacerebbe che prima o poi potessimo fare qualcosa insieme”, dice. Fa piacere quando te lo dice uno che fa teatro da trent’anni.
Gli ho detto che mi posso rendere disponibile.

Usciti dal barsport, prima di separarci mi ha detto che è contento quando vede in arrivo una mia telefonata: “sei l’unico che si fa sentire, ogni tanto”. Del vecchio gruppo, evidentemente, solo io ho continuato a interessarmi di teatro. O di persone.
Poi ci siamo stretti la mano.

***

All’inizio degli anni ottanta esplose il fenomeno Commodore 64, il computer più venduto nella storia. Non aveva un disco interno e i programmi venivano caricati nella memoria RAM di ben sessantaquattro kilobyte grazie al lettore di nastri magnetici a cassette.
L’operazione di caricamento era lunga, spesso lunghissima, e a volte si concludeva con un malaugurato ‘Load Error’ e allora dovevi ricominciare da capo. Quando tutto andava bene, il programma caricato in memoria si avviava (era quasi sempre un gioco) e chiedeva la pressione di un tasto “Press to play” per avviarsi. Era l’attimo di sospensione tra l’attesa e il gioco.

Ieri sera, in auto, suonava “Press to Play” (Paul McCartney, 1986).

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