Atmosfera pre-spettacolo. Concentrazione e lucidità al massimo grado: è così che mi avvicino al momento dell’apertura del sipario.
Al mattino di domenica la sveglia è alle sei e mezza. Colazione, doccia, costume. Carico l’auto con impianti e oggetti di scena, vado in teatro. L’appuntamento è alle nove. Sono puntuale. Il solo puntuale. Il teatro comunque è già aperto così mi presento al custode e scarico il materiale.
Il Secco mi chiama: ha la febbre. Mi viane da sorridere: secondo me vuole solo evitare di stancarsi con la scenografia. Sento anche Laura. Sta arrivando per scaricare roba. Poi andrà da Paolino per recuperare le cose che ha lui. Il furgone arriva pochi minuti dopo e cominciamo a portare dentro ciò che scarichiamo. Arrivano altri attori che si mettono subito al lavoro. Quando Laura va via mi occupo dell’impianto audio. Mi si è infiammato il ginocchio. È un problema ricorrente, quando faccio sforzi troppo pesanti. Zoppico vistosamente e cedo l’onere dei pesi maggiori ad altri. Io mi occupo dei collegamenti elettrici.
La scenografia non è montata ancora quando, a mezzogiorno, dobbiamo uscire: il teatro chiude per la pausa pranzo del custode. Possiamo rientrare alle due. E lo spettacolo è alle quattro. Che stronzata. Torniamo a casa per un pranzo veloce.
Torniamo e troviamo la sorpresa: tutto il centro del paese è chiuso per un mercatino. Nessuno aveva pensato di avvertirci. Siamo costretti a parcheggiare lontano e a trasportare gli ultimi oggetti a braccia. Siamo una processione curiosa. Abbiamo giusto il tempo di montare il resto degli impianti. Il tecnico, invece, se la prende comoda e arriva meno di mezz’ora prima dello spettacolo. Nessun test, qualche regolazione ai fari e nessun controllo del cd con la musica. Se qualcosa può andar male, lo farà.
***
Lo spettacolo inizia e solo a questo punto, prima di entrare in scena, il Secco si accorge di non avere l’oggetto sul quale gira il dialogo tra noi. Merda. Non c’è nemmeno niente che possa sostituirlo. M’invento delle battute improvvisate e gliele dico. Facciamo la scena quasi identica, ma su un argomento diverso. Me VS imprevisti: uno a zero.
C’è una delle scene successive viene recitata dietro un telo, con un faro sul fondo del palco che vi proietta le ombre. I movimenti sono coreografici, sottolineati dalla musica.
Ci ritroviamo in scena con il faro che non funziona per la prolunga guasta e con la musica sbagliata. Il tecnico è talmente rincretinito che nemmeno si accorge della cazzata che ha fatto.
Laura è frastornata e non ha la minima idea di cosa fare. Dopo qualche secondo di attesa, prendo in mano la situazione: ordino ai due attori più laterali di aprire le tende immediatamente tirandole a mano, poi improvviso la scena allo scoperto, adattando il ritmo dei miei movimenti alla musica. Gli altri mi vengono dietro e salviamo la situazione.
Me VS imprevisti: due a zero.
Il primo tempo avrebbe dovuto terminare con una battaglia proiettata sul telo. Decidiamo però di anticipare la fine. Facciamo la scena nel secondo tempo. Usiamo l’intervallo per riparare il danno. Se non ci riusciamo, cancelliamo la scena.
Ma la prolunga non funziona. Lascio gli elettricisti improvvisati a giocare con temperino, cacciavite, cavo spellato e spina aperta e vado a chiamare il tecnico: gli ordino di chiedere una prolunga al custode. Lui va e torna con una prolunga appena sufficiente per collegare il faro: è acceso. Si ricomincia.
E siamo tre a zero.
La battaglia viene benissimo, fino a spaventare addirittura i bambini in platea. Devo poi letteralmente spingere in scena quel coglione di Davide che continua a dimostrare una grande incertezza nel presenziale sul palcoscenico. Quando non posso lanciarlo, Paolino il Secco si ritrova da solo a dover improvvisare alcuni secondi di vuoto, perché Davide si è dimenticato di dover entrare. Lo stesso errore lo ripete tre volte. Non l’ho chiamato coglione per niente.
Una scena invece riescono a rovinarla loro due. Io e il Secco dovremmo entrare in scena da sinistra e incontrare Davide che è già lì. Invece, quando entro e si accendono le luci, scopro che gli altri due hanno rovesciato l’azione e stanno entrando da destra. Merda.
Faccio finta di nulla e mi adatto. Più tardi il Secco mi ha chiesto scusa per l’errore, cui è stato indotto da Davide, incasinato di suo.
E questo non è nemmeno il momento peggiore della serata.
In qualche modo arriviamo alle ultime scene. Comincio a pensare che ormai non può succedere nient’altro quando quel cretino del tecnico sbaglia ancora la traccia. La mia battuta e il mio gesto dovrebbero dare inizio a una coreografia, decido di tenere le mani ferme perché gli altri non potrebbero danzare su queste note.
Buio, saluti.
So, come sanno gli altri, che ho salvato lo spettacolo più di una volta stasera. Mi basta.
***
Gli applausi e i “Braviii” ci sono, ma la sala si svuota in pochissimo tempo, e non manca qualche protesta. Il motivo lo scopriamo poco dopo.
Quando Laura ha contattato questo teatro chiedendo se ci fossero rassegne cui partecipare, le è stata proposta questa, una rassegna di teatro per ragazzi. Il fatto che ci fosse una scena violenta che culmina in una decapitazione, non le è sembrato abbastanza da desistere, anche perché il testo sarebbe stato letto prima di essere approvato.
E il testo è stato approvato.
Una signora del comitato adesso contesta proprio i temi trattati e la violenza di alcune scene, minacciando ritorsioni. È il proverbiale pessimo finale per una pessima serata.
Smontiamo completamente la scenografia che per un po’ non ci servirà più. Si resira un clima tremendo. Nessuno ha voglia di scherzare o sorridere. Laura è di umore nerissimo. Ma io sto bene e mi sento un dio del teatro per quello che ho fatto.
Carichiamo il furgone quasi senza parlare, poi decidiamo di mangiare qualcosa prima di andare a scaricare tutto. Sono le otto di domenica sera e siamo in quattro. Com me ci sono Laura, il Secco e quel coglione del tecnico. Si è giustificato dicendo che sì, è vero che il disco era lo stesso dell’ultima volta, ma non è venuto alle prove e non ricordava i dettagli. Il fatto che le tracce fossero indicate sul copione, tuttavia, rendeva surreale la sua giustificazione.
Quando abbiamo scaricato nel garage di Laura è finita davvero. Questo è il racconto di come ho salvato lo spettacolo dal disastro totale. Tre volte, almeno.


Fantastico…fantastico…!Incredibile, ma è spassosissimo leggere questi incidenti di scena, quando capitano agli altri 🙂
Io mi ricordo un finale in cui un personaggio si suicidava sparandosi e la pistola non funzionava. Io ero dietro le quinte e, giuro, per un attimo ho pensato di spuntare sul palco e strozzarlo, abbozzando una battuta tipo “Ehi, sono la morteeeee!!!Sono venuta a prenderti”.
Ciao, quando ci sarà il prossimo spettacolo?
Stasera ne parlerò con L., per ora non so nemmeno se ci sarà un prossimo spettacolo.
Ciao, che novità ci sono?
Mammamia!!!!!!!! Mi sono ricordato che mi sono dimenticato di mandarti il testo del monologo.