Se ti accontenti muori e non lo sai. Se ti accontenti.
Ho comprato un disco. Una raccolta di canzoni di un cantautore che meriterebbe miglior fama. Postuma, ormai.
Parole, versi, poesie musicate. M’immalinconisce e mi fa venir voglia di scrivere. È tanto che non scrivo versi. Rimpiango di non aver mai imparato la chitarra, sarei bravo a comporre canzoni: i versi restano sul foglio e invece vorrei recitarli. Se hai uno strumento in mano è più facile attirare l’attenzione su ciò che dici.
C’è un pezzo di questo disco, lo ascolto mentre guido, che non conoscevo: al primo ascolto mi scolpisce nella mente una frase. Se ti accontenti muori e non lo sai.
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Ho comprato anche un paio di manuali sulla pittura a olio. Cerco altri canali espressivi, oltre a teatro e scrittura. Voglio tentare l’arte visiva, però non sono mai stato bravo nel disegno figurativo.
Qualche anno fa ho avuto il periodo delle chine. Tracciavo disegni con linee sottili che via via riempivano tutto il foglio con figure semiriconoscibili, superfici ondulate e oggetti deformati. Oppure forme astratte composte attraverso alternanzearee di colore e vuoti. C’è stato anche chi mi ha proposto di esporli, ma per qualche motivo (buon gusto?) me ne vergognavo.
A proporlo fu una ragazza che misteriosamente aveva una grande stima del mio talento. Adesso fa la giornalista e si occupa di teatro. Mi ricordo una banconota da mille lire. Erano gli ultimi mesi della lira. Avevamo preso qualcosa al bar e come resto ci era stata rifilata quella cartamoneta consumatissima, quasi lacerata al centro. L’abbiamo strappata in due metà, assecondando il suo destino, e ne abbiamo tenuto un pezzo ciascuno. “Ci ricorderemo di questo giorno. Ci ricorderemo della nostra amicizia.” Io ci credevo davvero e ancora la conservo. Chissà se lei se ne ricorda.
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Con lei ho avuto un’avventura letteraria. Abbiamo conosciuto Lawrence Ferlinghetti, il poeta della Beat Generation. Era in Italia per una mostra di suoi dipinti. Lei aveva avuto l’incarico di intervistarlo durante una trasmissione televisiva. Quel giorno era disperata: non sapeva chi fosse. Le ho dato alcune dritte e ci ho guadagnato di andare con lei.
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Oggi è il 14 agosto. Alcuni anni fa in questa stessa data ho passeggiato per l’ultima volta nel centro di Napoli: via Toledo, Santa Chiara, il Duomo, San Gregorio Armeno, fino alla via dei Tribunali. Mi piacerebbe tornarci.
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Basta. Devo prepararmi alle prove di teatro. Non ho voglia di cenare prima. Conosco la mia parte a memoria, devo lavorare sulla sincronia con gli altri e sul personaggio. È un lavoro che non finisce mai.
