Strada gialla

La strada gialla si va a confondere quasi con il bianco sporco dell’orizzonte, in lontananza. E la polvere che si alza camminando confonde i dettagli. Il mare non si vede più da tempo, soltanto la montagna di fronte, grigia e nera sembra essere reale. La montagna porta un cappello bianco, a strisce diagonali.
Anche io voglio comprarmi un cappello. Uno di quelli che s’usavano cent’anni fa. Nel secolo scorso. Qualche uomo anziano ancora lo porta. Voglio uno di quei cappelli. Uno di quelli con la piega al centro e con la fascia intorno. Come quello di nonno. Il nonno che è nato prima del millenovecento. Il secolo scorso, per me e i miei coetanei. “il secolo scorso” sembrava un mucchio di tempo fa.
Adesso siamo noi quelli nati nel secolo scorso.
E’ solo schiuma di pensiero, spume mentali, solo immaginazione senza controllo. Immagini scelte a caso dal cilindro di un mago assente, oppure da un vecchio baule pieno a metà di sciocchezze del secolo scorso, tesori ed inezie di oggi.

Il giallo della strada non è proprio giallo, è più un bianco marezzato da fili d’erba rachitici e seccati dal sole. Qualcuno di essi ancora monta l’ultima bandierucola verde. Le tre del pomeriggio, o quasi, e uno che dormiva si sta svegliando sentendo in bocca il sapore dolciastro del tempo. Odora di decomposizione. Eccolo già in piedi, non ancora cosciente di sé. Fa qualche passo in una direzione, poi nell’altra, disegna con passi incerti una linea curva chiusa. Poi torna al punto di partenza. Si siede sulla grossa pietra liscia su cui giaceva prima. Ha la forma di un nido. Si guarda le mani, le porta alla faccia, come se non credesse ancora di avere una faccia. Si stropiccia le guance e poi le mani, una con l’altra. Poi ricomincia.

D’un tratto alza la testa, come acceso da un pensiero improvviso, solo un momento, poi torna a spegnersi in un’espressione senza emozioni. Allunga la mano a cercare qualcosa sotto quel masso. Nel far questo movimento quasi perde l’equilibrio, rischiando di cadere all’indietro. Riprende appena in tempo la posizione stabile di prima. Adesso stringe malamente nella mano una rivista più stanca di lui. La sfoglia. Sembra cercare una pagina precisa. La trova e prova a leggere con uno sforzo. L’impressione è che stia cercando un ricordo, un pensiero, una curiosità. Come quando ricordi un pezzo di frase e vuoi sapere come andava a finire. Pochi istanti e richiude la rivista con uno scatto, la getta via all’indietro con una smorfia e un suono sforzato, tra il grugnito ed il gemito di dolore.

Siamo nati nel secolo scorso.

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