Attraverso il fiume, non sotto metafora ma sopra il ponte. In cammino.
È quasi sera. Dalle due sponde vedo ancora le facciate e i campanili. Qualche luce già occhieggia dalle finestre. Sotto di me, come dicevo, scorre la massa liquida, nera e grigia. La vedo dal parapetto in pietra bianca.
Di fronte a me vedo persone. Due palloni sagomati tirano verso l’alto esili cordicelle tenute ben strette dai bambini loro assegnati. I bambini non li vedo: li indovino. Sono nascosti dal parapetto del lungofiume a destra, che è più alto di loro.
Se immagino che i bimbi non esistano, potrei convincermi che quelli siano spiriti argentati che si spalleggiano avanzando e saltellando, risalendo il fluire delle acque.
L’inverno è arrivato soltanto da pochi giorni, improvviso e atteso. La settimana scorsa pareva fosse tornata la primavera, tanto che già immaginavo il titolo sui futuri libri di storia: “L’anno senza inverno”. Ricordo anni in cui questo fiume era del tutto gelato, almeno in superficie, e l’anno in cui le continue piogge autunnali portarono la massa d’acqua ad un livello tale da far temere l’esondazione. Alcune aree fuori città, a nord, effettivamente furono sommerse.
La sensazione che trasmetteva quel flusso marrone era di violenza e forza. Nella mia mente s’affacciava di continuo la parola ‘pieno’.
Il fiume era pieno. Le arcate dei ponti, nel loro punto più alto, quasi toccavano il livello raggiunto dall’acqua ed erano bagnate dagli schizzi e dalle onde. I pilastri di sostegno dovevano essere sottoposti ad una pressione enorme. M’aspettavo che qualcuno di essi potesse cedere da un momento all’altro. Li osservavo con un misto di paura ed eccitazione. Parevano chiglie di motoscafi in muratura: controcorrente, al massimo della velocità.
Scorreva tutto a schizzi e schiume e ruggiti. Sulla sponda destra, dalla parte del centro storico c’è un vecchio edificio con le porte e le finestre del primo piano murate. Si trova in un punto dove i muraglioni che fanno da argine semplicemente non ci sono. Lo spiazzo antistante la facciata si trova in genere al livello del fiume e viene usato nella bella stagione da gruppi sportivi con canoa e simili.
Invece in quei giorni di piena l’acqua era di un paio di metri almeno sopra quel livello normale. Era impressionante a vedersi.
La gente che di solito scorre via verso la propria destinazione, era catturata da quella creatura ribollente.
Le persone che passavano di là si fermavano e si allineavano lungo le sponde, lungo i ponti, e si affacciavano dalle finestre per osservare lo spettacolo. Persino chi si trovava in automobile, rallentato da un semaforo rosso, non poteva trattenersi dal guardare l’argine con qualche timore.
Dagli assembramenti spontanei era tutto un vociare mentre col collo s’indicava quel cupo mugghiare.
Buongiorno 🙂
… nel mio blog solo ricette oggi…
Guarda che “L’anno senza inverno” non è niente male, come titolo.
Fa il paio col 1816, l’anno senza estate, a causa dell’eruzione del Tambora (Indonesia) del 1815.