Da qualche anno seguo il mondo strampalato delle teorie complottiste, ovvero quelle reccolte di affermazioni prive di fondamento – spesso prive di senso – che dovrebbero, secondo i loro sostenitori, dimostrare l’esistenza di improbabili complotti mondiali.
Nessuno nega che nella storia dell’umanità siano state ordite delle cospirazioni. Sappiamo, però, che nessun complotto resta a lungo segreto e che più grande è il numero di coloro che vi partecipano, più alta è la probabilità che sia scoperto e sventato in fretta. Difficile quindi sostenere che – come affermano i sostenitori della teoria delle cosiddette “scie chimiche” – possa esistere una cospirazione che operi per decenni a livello mondiale, coinvolgendo migliaia di persone, senza defezioni, errori o tradimenti che rivelino il segreto.
In ogni caso, qualsiasi ipotesi di complotto (come qualsiasi ipotesi, in generale) dovrebbe fondarsi su fatti anomali, indizi e prove concrete che escludano spiegazioni di gran lunga più semplici e realistiche. Tutto ciò molto prima di formulare una teoria ed indagare per dimostrarne la fondatezza.
Per cestinare come spazzatura la quasi totalità delle teorie cospirazioniste, è di solito sufficiente verificare la prima condizione: esistono fatti o fenomeni anomali? Ad oggi, nessun sostenitore di queste bufale è stato in grado di presentare il minimo indizio in questo senso.
Sì, citano in continuazione una montagna di presunte prove (spesso definite “la prova di“, o “la pistola fumante“), Che però si rivelano invariabilmente frutto di ignoranza su specifici argomenti (i complottisti non sono mai esperti nelle materie che decidono di indagare) o banale incapacità di comprendere le fonti che si procurano. Non troverete mai, per esempio, un ingegnere strutturista esperto in grattacieli che concordi con la teoria del complotto sugli attentati alle Twin Towers di New York. Il teologo che l’ha formulata per primo probabilmente non ha mai progettato nemmeno una cuccia per cani. Allo stesso modo, nessun meteorologo riuscirebbe a non ridere di fronte alla paura di certuni per le scie di condensa che si formano dietro gli aerei. Pensate che un geometra disoccupato che ne parla da anni, usa il “gigabyte di watt” per misurarle, qualunque cosa sia.
Non sono affatto rari, infine, i casi di deliberata manipolazione delle fonti per adattarle alle proprie credenze.
“Credenze” è una parola chiave. Il complottista non vuole scoprire la verità, ciò che desidera fortissimamente è che qualcuno gli creda. E per quanto assurda possa essere la sua teoria, ci sarà sempre in rete un babbeo tanto sprovveduto da credergli. S’instaura tra di essi un rapporto di tipo religioso fondamentalista. Il sacerdote/profeta rivela una “verità” che egli è l’unico in grado di vedere ed il fedele ci crede ciecamente, pur in assenza di qualunque riscontro con il mondo reale. Chi non crede al profeta, chi osa anche solo fare domande, chiedere chiarimenti, è immediatamente marchiato come infedele e quindi parte del complotto.

Si comprende facilmente come la fragilità psicologica dei credenti e la frustrazione dei “profeti” (spesso individui con una storia personale di fallimenti) possa sfociare in un estremismo anche violento contro i cosiddetti “disinformatori“, o “occultatori” (ossia, tutti quelli che spiegano l’inconsistenza delle varie teorie complottiste, denominati anche “debunkers”). Non si contano infatti gli episodi di diffamazione, calunnia, violazione della privacy e minacce via internet messi in atto dai sostenitori delle teorie complottiste. Provate a cercare un qualsiasi blog, sito web, canale Youtube, pagine e gruppi Facebook o forum online che affronti un argomento cospirazionista e potrete rendervi conto del linguaggio e del comportamento asociale di questi individui.
Nei prossimi articoli di questa rubrica, vedremo alcuni casi concreti di psicosi complottista. Nel frattempo, per scoprire questo mondo bizzarro in modo leggero e divertente, io vi consiglio di cominciare dal blog Perle Complottiste sul quale sono raccolte “le meglio fregnacce” cospirazioniste italiane.

